Monday 24 September 2012

Peace & Leave



E quindi vado a Londra.
Vi autorizzo a denunciarmi alla polizia postale se dovessi pubblicare anche solo una volta “London calling” dei Clash. Altro che London calling; London non rispondeva proprio al telefono. Pareva una di quelle che “aspetto che mi chiami lui”. Poi, per la legge della probabilità delle applications, quella che invii più a caso di tutte va bene.

Non è la prima volta che vado all’estero per un po’, ma ogni volta è bello osservare come ci siano cose che non cambiano e altre che si mettono al passo con i tempi, diciamo così
.
 Esempi del primo tipo. Reazioni di chi ti sta intorno pochi giorni prima della partenza:

1)      Madre e nonna che mi fanno mangiare come se non ci fosse un domani. Un tripudio di “mangia, che chissà quando lo rimangi così”.
2)      Padre che mi invita a non scordarmi la carta di identità/documenti vari, almeno tre volte al giorno. Pago ancora lo scotto di essermi dimenticata lo zaino a casa, quella mattina in quinto ginnasio. La mia reputazione non si è mai ripresa.
3)      Sorelle-amiche/i- conoscenti-gente vista due volte nella vita che “non ti saluto, tanto ti vengo a trovare”
4)      “Ah, vai a Londra? (a fare un tirocinio- tirocinio=lavoro=lavoro malpagato)? DIVERTITI.

Esempio del secondo tipo, AKA: tempus fugit
1)      IC: “eh si, vado all’estero per qualche mese”
Reazioni di gente X tre anni fa: “Ahhh ma che bello, brava, sarà una bellissima esperienza!”
Reazioni di gente X oggi: “Ah. Ma…non ce l’hai un fidanzato?”

2)      “Yayaaa, miao, tau”. (trad: ziaaa, miao, ciao). Reazione di nipote unenne, che in ogni caso susciterebbe un “Awwww” corredato di occhi a cuoricino.

E poi veniamo al sempiterno dilemma: la valigia. Se volete male a qualcuno, chiedetegli di preparare una valigia per il periodo settembre-gennaio. E di farlo mentre fuori ci sono 28 gradi con lo scirocco che fa volare i pelucchi dai maglioni di lana che state amorevolmente riponendo in valigia. La prossima volta che parto, sarà per un posto non più a nord dell’Ecuador (disse colei che aveva studiato russo).
Inutile dire che la scelta di vestiti si rivelerà in ogni caso irrazionale: passerai un paio di mesi a rimpiangere periodicamente quel fantastico vestitino che hai lasciato a casa. Oppure una fantastica felpa che hai lasciato per portare uno splendido vestitino. E no, non rispondete “tanto poi lo compri lì”, perché è una questione di principio. 

Nonostante la proverbiale logica random delle mie valigie, qualcosa l’ho imparato in questi anni. Ad esempio, al primo viaggio di qualche anno fa, guardavo con fare sprezzante chi proponeva di portare la moka. Quanto provincialismo, quanta rigidità culturale e bla bla bla… Dopo i primi sintomi di attacchi narcolettici in università e le lodi sperticate alla mia amica L. che portò la sacra reliquia in terre lontane,  colcà che ora non mi porto dietro la moka.

 Comunque, sono contenta di partire. Mi piace proprio quest’aria di novità, la sensazione di cose che si costruiscono, senza pensare troppo a quanto dureranno.
E poi, Il brivido di non sapere con quanta gente improbabile dividerai il bagno, quanto reagiranno male i tuoi capelli all’umidità quotidiana o quante volte metterai alla prova il tuo senso dell’orientamento già sofferente.

Rispetto all’ultima partenza, fatta di noCasa-15kgDiBagaglio,FottutaRyanair- ditoRotto-noPostiInTreno-scioperoAereiFottutissimaRyanair-TrolleyRotto-coppieRegolarmenteCopulantiInOstello, questa è tutto sommato tranquilla.
A parte un piccolo problema: Il trolley rotto di cui sopra. Una persona previdente e organizzata sa che al suo rientro bisognerà sistemare quella rotella rotta. Non è il mio caso, of course. L’orrida scoperta risale a due giorni fa. Segue intervento d’urgenza presso ATTENZIONE, il “Maestro della calzatura”. Sua altezza il Maestro assicura orgoglioso che è più probabile che cadano le altre rotelle piuttosto che quella che ha riparato lui. Che è ben fissata, senza dubbio. Talmente ben fissata che non si muove più. Ed è più sporgente delle altre. Risultato: la valigia sbanda. 
 
Insomma, la viaggiatrice piena (di entusiasmo) e la valigia ubriaca.


Monday 10 September 2012

Wake me up when September starts





Guardate bene questa foto. No, non è triste. Non è decadente. È il mare di settembre. Quello da sempre preferito da chi abita in posti sul mare dimenticati per 10 mesi su 12 che diventano improvvisamente wannabe-Ibiza a luglio e agosto.
Il mare di settembre è anche meglio di quello di giugno, perché a giugno è passato quasi un anno e hai dimenticato quanto fosse insopportabile il mare di agosto. A settembre invece SAI. Ti guardi intorno e quasi con sorpresa, ti ricordi quant’era bello il mese di settembre l’anno scorso. Oppure no, non te lo ricordi perché non l’avevi visto l’anno scorso. Sarà stato due anni fa. Quest’anno, purtroppo o per fortuna, sono stata al mare molto di più, come non mi capitava dai tempi del liceo.
E a settembre, mi sono venuti in mente tutti i motivi per cui preferire il mare di settembre.

1) Arrivi sulla spiaggia in condizioni psico-fisiche accettabili, emanando un odore quasi gradevole. Infatti, non hai dovuto girare per mezza provincia in cerca di parcheggio, e non sei stata costretta ad imprecare perché-la-macchina-lì-non-ce-la-so-mettere. Ugualmente, al ritorno non dovrai maledirti per quel telo parasole che devi comprare da quando hai preso la patente. Perché la macchina è stata addirittura all’ombra.

2)      C’è un numero molto inferiore di rappresentanti del genere umano. Questi ultimi tendono ad essere più sobri, a non nutrirsi spropositatamente sulla spiaggia e a gestire il loro spazio vitale con estrema discrezione.

3)  Tra i suddetti rappresentanti si osserva una netta prevalenza di over 70,  a discapito degli under 18. Di conseguenza, c’è anche una netta prevalenza di partite a bocce contraddistinte da un poetico silenzio, mentre appaiono non pervenuti palloni molesti e ormoni vaganti accompagnati da decibel incontrollati.

4)  Gli ombrelloni sono ad una distanza tale tra di loro da permetterti di non depilarti con assiduità. Salvo casi estremi, in cui è possibile che i peli siano visibili dal lungomare di Ostia (parliamo di ridenti villaggi del sud Italia), da lontano le tue gambe sembreranno liscissime. Inoltre, si nutre sempre la speranza che i settantenni non siano poi così interessati alle tue cosce.

5)  I (pochi) rappresentanti del genere umano appartenenti alla categoria 20-30 non sono fonte di preoccupazione, in quanto se sono lì:
a)      Sono sociopatici come te, quindi puoi volergli bene.
b)    Sono tra quelli che per complessi fisici non vanno al mare nei mesi affollati. In quel caso, per compensare i fondoschiena perfetti e le misteriose assenze di cellulite subìti ad agosto, le ragazze presenti ti faranno sentire autorizzata a crederti Adriana Lima. I ragazzi..beh, ti consentiranno di leggere un libro senza distrazioni. In caso contrario, dovrai comunque fingere noncuranza, per la questione dei peli di cui sopra.

6)Per entrare in acqua potrai seguire un percorso lineare, senza schiacciare piccoli bipedi, quadrupedi, salvagenti, canoe, parmigiane di melanzane. Senza fare lo slalom tra balli di gruppo e tchecherechechè.

7) Sott’acqua, sentirai solo il rumore delle tue gambe e nessun mormorio ovattato. Risalita, aprirai gli occhi e tutta quella sabbia “vuota” ti farà sentire che quello che vedi è ridiventato un po’ tuo.